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“Il cibo che ci salverà”: possiamo cambiare il mondo a tavola

Di Cristina Mauri, goodfoodlab

26/6/2023

Quello che mangiamo può cambiare il mondo: questo è il punto di partenza, la chiave di lettura dell’ultimo libro di Eliana Liotta, intitolato “Il cibo che ci salverà”, pubblicato con La nave di Teseo nel 2022.

Ma com’è possibile che esista un legame tra il nostro pranzo e le temperature record dell’estate in Sicilia, o l’alluvione a Senigallia lo scorso settembre, o gli incendi che solo nel nostro Paese, nell’anno precedente, sono aumentati del 170%?

La risposta è semplice, nella sua complessità: il nostro sistema alimentare si è rivelato una delle principali fonti di emissioni globali di gas serra. Secondo uno studio del 2018 pubblicato sulla rivista scientifica “Nature”, la produzione di alimenti rappresenta il 26% delle emissioni mondiali di gas serra, a cui dovrebbe essere aggiunto un ulteriore 10% di emissioni legate alla deforestazione causata dalla produzione di alimenti. Questo significa che il sistema alimentare contribuisce per oltre un terzo alleemissioni globali di gas serra1.

Ma quello tra cibo e ambiente è un legame a doppio senso: uno studio del 2020 condotto dal Food Climate Research Network e dal Chatham House ha evidenziato che il cambiamento climatico rappresenta una minaccia sempre più grande per la sicurezza alimentare globale2. Secondo questo studio, infatti, la produzione di cibo è vulnerabile ai cambiamenti climatici, che possono provocare una diminuzione dei rendimenti delle colture, l’aumento di fenomeni meteorologici estremi e la riduzione di disponibilità di acqua, fenomeni che sono già in atto nel nostro Paese, nella Pianura Padana.

Ridefinire il nostro sistema alimentare: mangiare in modo sano, intelligente, naturale e sostenibile.

La soluzione per evitare tutto questo è una sola: ridefinire il nostro sistema alimentare.

Nella prima parte del libro, l’autrice lo spiega bene: è necessaria una rivoluzione alimentare per l’Antropocene (l’era geologica in cui viviamo, in cui gli esseri umani influenzano gli eventi sul pianeta), ciò che Eliana Liotta chiama La Rivoluzione della Forchetta.

In altre parole, la soluzione c’è: ridurre le emissioni di gas serra del sistema alimentare è possibile, ma solo se siamo disposti ad adottare pratiche agricole sostenibili, praticare nuovi modelli di consumo e ridurre gli sprechi alimentari.

C’è un concetto che Eliana Liotta richiama in tutto il libro: one health, one planet. Non siamo soli; siamo in relazione con tutti gli altri e con il pianeta. Lo abbiamo sperimentato durante la pandemia: siamo tutti interconnessi, legati da fili invisibili, e il denominatore comune dei fenomeni che sperimentiamo e studiamo al momento è proprio ciò che mettiamo nei nostri piatti.

E allora, come dev’essere il cibo del futuro? L’autrice si interroga su questa domanda, delineando e approfondendo ogni caratteristica per definire i requisiti fondamentali del nostro cibo di domani.

Uno dei punti più importanti è che il cibo del futuro deve necessariamente essere un cibo sano. La popolazione mondiale sta aumentando costantemente, mangia di più e vive più a lungo, ma per vivere anche "bene", ha bisogno di risorse sane che nutrano il corpo e ci evitino di "invecchiare male". Dopotutto, già Ippocrate, secoli fa, capì che “il cibo è la nostra medicina”.

C’è un collegamento stretto tra ciò che mangiamo e la nostra salute. E non è un caso il fatto che quello che non danneggia il pianeta è lo stesso che fa bene a noi. La salute di noi esseri umani dipende non solo dalla salute delle altre persone, degli animali e delle piante, ma anche dalla salute generale della Terra.

Eliana Liotta rafforza ciò che gli esperti di nutrizione stanno già affermando, ovvero che una dieta prevalentemente a base vegetale, minimamente processata e quindi naturale, più “dietetica”, più etica e con un impatto ambientale ridotto è più salutare per il nostro corpo e allo stesso tempo più sostenibile dal punto di vista ambientale. Ci sono molti alimenti a base vegetale non processati che contribuiscono anche all’apporto proteico. Ad esempio, 50 g di spinaci forniscono circa 7 grammi di proteine vegetali mentre 30 grammi di mandorle, equivalenti a circa 23 mandorle, contengono 6 grammi di proteine vegetali, 4 grammi di fibre e grassi sani.

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Ad esempio, la dieta mediterranea - che ha verdure, frutta e cereali (preferibilmente integrali) alla base della piramide alimentare - è stata ampiamente studiata e i risultati hanno dimostrato che questa dieta può ridurre il rischio di alcune malattie, in particolare le malattie cardiovascolari3, oltre a ridurre l'impatto ambientale perché utilizza meno risorse rispetto alle diete a base di carne.

Uno dei punti che l'autrice evidenzia è che la scelta alimentare è un’opzione con un risultato immediato, a differenza di altre azioni che vedranno i loro effetti nel futuro più o meno prossimo. È un pensiero complesso da accettare, ma necessario. È un po’ come l’uomo che pianta un giovane albero e si rende conto che solo i suoi figli beneficeranno dei frutti. Ma questo è ciò che significa sviluppo sostenibile: soddisfare le esigenze sia delle generazioni presenti che delle future. E il cibo è uno dei passaggi chiave.

La sfida a comportamenti comuni e credenze errate

Eliana Liotta è consapevole che “traghettare i popoli verso una tavola rispettosa del pianeta” è una sfida complessa, ma va tentata. Esamina le varie diete sostenibili, suggerendo di mettere in discussione l'impatto specifico degli alimenti che consumiamo.

Un mito che cerca di sfatare è quello del “chilometro zero”. Nell’insieme, i trasporti rappresentano solo circa il 6% dell’impronta climatica del cibo. In particolare, il peso maggiore viene dai trasporti aerei, un po’ meno da quelli su gomma, ridotto via mare. Quindi è molto più importante considerare il tipo di cibo che si consuma e come viene prodotto, piuttosto che la sua provenienza. Ad esempio, un peperone coltivato non lontano dal luogo in cui si vive ma in una serra con grande dispendio di intensità energetica può avere un impatto ambientale molto più alto di uno importato e raccolto da un campo aperto.

Un altro esempio riguarda le mandorle della California, che, secondo la valutazione del ciclo di vita, hanno un'impronta bassa rispetto ad altri alimenti ricchi di nutrienti ed energetici4. Uno studio dell'Università di Oxford ha scoperto che la frutta secca, tra cui le mandorle, è responsabile di minori emissioni di gas serra per chilogrammo di cibo rispetto, ad esempio, alla carne bovina, alla carne di pollo o ai prodotti lattiero-caseari.

Inoltre, anche se molte delle mandorle che mangiamo provengono dalla California - perché ha il clima mediterraneo perfetto e la produzione italiana non è sufficiente a soddisfare la domanda - vengono sempre trasportate via mare. Questo è un ulteriore sforzo per contenere l'impronta ecologica delle mandorle, possibile grazie a tempi di conservazione molto lunghi, di circa 2 anni.

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Per aumentare i rendimenti e ridurre il consumo di suolo e acqua, continua Eliana Liotta, è necessario investire di più nella ricerca e nello sviluppo, e in questo l'Italia ha ancora ampio margine di miglioramento. I coltivatori di mandorle della California sono ben consapevoli dell'importanza della ricerca e stanno migliorando le loro pratiche e riducendo gli impatti ambientali grazie a quasi 50 anni di ricerca, con un investimento totale di oltre 100 milioni di dollari. A titolo di esempio concreto di questo impegno, tra gli anni '90 e il 2010, i coltivatori di mandorle della California hanno ridotto del 33% l'acqua necessaria per coltivare ogni mandorla. Nel 2018 hanno fissato un nuovo obiettivo: ridurre il consumo di acqua di un ulteriore 20% entro il 2025, e sono già a tre quarti della strada per raggiungerlo.

La nostra personale food revolution

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La rivoluzione alimentare ci coinvolge personalmente e questo può infastidirci. Una cosa è evitare l'uso dell'auto per cercare di inquinare meno, un'altra è praticare qualche rinuncia nei pranzi e nelle cene, che ci danno molto più piacere che guidare nel traffico cittadino. Ma dobbiamo riconoscere che giochiamo un ruolo attivo nel sistema alimentare, poiché siamo noi a creare la domanda di cibo e a trarne beneficio.

Il buon cibo è universale: riconcilia l'ego e l'òikos, come gli antichi greci chiamavano la 'casa', quindi il nostro pianeta, e anche se il dibattito sui regimi alimentari più sostenibili continua a crescere in tutto il mondo, è proprio Eliana Liotta che riassume in breve una lista di essi, ribadendo che i regimi alimentari che si ispirano alla dieta mediterranea e che includono più cibi a base vegetale sono indubbiamente regimi alimentari con un impatto ambientale minore. Ma aggiunge anche un pensiero etico, che sottende l'intero suo libro.

È vero, il sistema alimentare ha bisogno di essere ripensato: senza dubbio, con l'aiuto di Eliana Liotta e del suo libro "Il cibo che ci salverà", possiamo iniziare a fare scelte più consapevoli nelle nostre cucine e a mettere il cibo del futuro sulle nostre tavole.

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Chi è Cristina Mauri

Cristina Mauri, laureata in cinema, è editor e autrice per la televisione. Il suo amore per la buona alimentazione si unisce al suo essere food photographer, content creator per i social e divulgatrice. Ha pubblicato un libro di cucina sostenibile per tutta la famiglia, dimostrando la sua expertise nell'alimentazione naturale e nella cucina vegetale con particolare attenzione all'antispreco. Insieme alla sua famiglia, si impegna a ridurre la propria impronta ecologica e ad agire per un mondo più green e consapevole.

Attraverso il suo progetto, GoodFoodLab, ha un grande sogno: mostrare a tutti quanto sia facile e gustoso mangiare vegetale. Iniziato come un diario di ricette nel 2014, è ora diventato un laboratorio di cucina e vita green, in cui condivide i piatti preferiti e narra la costante ricerca di una quotidianità più ecologica e sostenibile.

1. https://www.nature.com/articles/s41586-018-0594-0)

 

2. https://www.chathamhouse.org/2021/02/food-system-impacts-biodiversity-loss/04-recommendations-action-2021)

 

3. Nello studio PREDIMED, nei soggetti che seguono la dieta Mediterranea, si è osservata una riduzione delle malattie cardiovascolari di circa il 30% rispetto a quelli nella dieta di controllo *www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa1800389?query=featured_home

 

4. Seth Wynes, et al. The climate mitigation gap: education and government recommendations miss the most effective individual actions. Environmental Research Letters. 2017

 

Referenze

 

T. Benton, C. Bieg, H. Harwatt, R. Pudasaini, L. Wellesley, Food system impacts on biodiversity loss, Chatham House, feb 2021, (link https://www.chathamhouse.org/2021/02/food-system-impacts-biodiversity-loss/04-recommendations-action-2021)

 

L. Ferrua, “La sfida della Cucina Italiana Unesco sarà essere patrimonio di tutti”, La Repubblica 25 marzo 2023 (link https://www.repubblica.it/il-gusto/2023/03/25/news/cucina_italiana_patrimonio_unesco-393641034/)